giovedì 31 dicembre 2015

La luce

Sei innamorato di questo nuovo ruolo. La fatica si fa sentire con il passare del tempo e non avresti mai detto che i primi mesi con tuo figlio potessero stravolgere una routine costruita con minuziosità nei 20/30 anni precedenti. Uscite con gli amici, appuntamenti serali con tutti gli sport, seratacce, weekend all'estero, viaggi intercontinentali, tutto congelato per un lungo periodo di tempo che varia a seconda dell'organizzazione della coppia, dell'approccio che si ha verso un evento così bello quanto stravolgente. Sono padre da quasi un anno e scrivo qui le mie testimonianze, sia per ricordare questo nuovo e bellissimo periodo lasciando una traccia per me e soprattutto per mio figlio, sia per cercare di capire insieme qual'è la strada migliore da percorrere per la nostra generazione impegnata in questo compito, oggi più che mai, determinante per migliorare una società che probabilmente non vorremmo per i nostri figli. E' uno scopo ambizioso che di certo non può essere esaurito in un blog, che non è assolutamente una linea guida perché scritta da un completo principiante. E' solo che penso spesso a quanto sia importante questo ruolo ma un dibattito vero ed onesto tra padri non esisterà mai. Forse la timidezza, l'insicurezza. La rete in questo potrà darmi una mano. Scrivendo questi pensieri potrò articolarli e confrontarli nel tempo, magari anche con qualcun altro.

B ha undici mesi. Da quando è nato non ho fatto altro che guardarlo continuamente con gli occhi di chi non si rende conto che quello è il  miracolo della vita di cui tutti parlavano. Lo guardo mentre gioca, mentre dorme, mentre mi guarda prima di addormentarsi con quell'aria beata di chi non conosce alcun tipo di problema. Ogni volta che lo guardo, mi ripeto "io ho un figlio". Come se non riuscissi a crederci a distanza di un anno quasi dalla sua nascita. Riesco a ricordare vagamente i pensieri da adolescenti quando mi proiettavo in un futuro che poteva essere questo. Un lavoro, una moglie e dei figli. Io sono cresciuto con l'idea che dei figli li avrei avuti prima o poi, senza sapere minimamente cosa sarebbe potuto significare sotto tutti i punti di vista. Per il lavoro o la moglie probabilmente non sono andato tanto lontano dalla realtà, guardavo i miei genitori, altre persone e capivo quale potessero essere le prospettive. Da figlio non avrei mai capito, se non quando sarei diventato genitore, cosa sarebbe potuto significare essere padre. Ma potrei scriverlo per anni senza giungere a nessun risultato. B è bellissimo, penso al suo futuro, al mio percorso e se il caso che lui ripercorra il mio. Non mi è mai mancato nulla, ho avuto dei genitori dal quale posso solo imparare che hanno fatto dell'abnegazione il loro motto. Abnegazione. Tutto fatto per i figli. Un quasi annullamento delle proprie vite in funzione di quelle dei figli. 

Questo oggi il mio più grande dilemma, il primo tema di questo blog, che ripeto nasce per dare spunto a discussioni a confronti (che forse nemmeno ci saranno) ma soprattutto come diario di un'impresa ed un cammino che mai finirà. E' giusto ridimensionare il proprio ego, la propria personalità in favore dei figli a cui concediamo tutto lo spazio necessario delle nostre giornate. Può questo dare un riflesso negativo sulla crescita dei nostri figli?

Oggi credo, con un bambino di undici mesi, un lavoro full time e normali impegni domestici, che questo sia il punto di partenza, essere presenti il più possibile, essere il punto di riferimento per il proprio figlio, dargli più tempo possibile, farlo sentire sicuro, amato. Nostro figlio ama vederci felice, noi siamo felici se magari ci concediamo un calcetto o un'uscita con gli amici, ma al tempo stesso gode della nostra presenza e della nostra complicità.

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